I Tesori del Bosco: Castagne, Funghi e Mirtilli

Castagne, Funghi, More e Mirtilli! Raccogliere i tesori del Bosco…

Dentro un riccio spinoso… un patrimonio ricco di tradizione…

La castagna racchiude una parte importante della storia dell’Appennino, con la sua forza simbolica capace di rappresentare la generosità della Natura che, agli inizi della stagione fredda, offre spontaneamente all’uomo un frutto dai tanti usi e dalle grandi proprietà alimentari.
Il castagno, nella sua vita da giovane arbusto a maestoso albero secolare, ha offerto alle popolazioni dell’Appennino Tosco-Emiliano un sostegno irrinunciabile, non solo sotto forma di legna da ardere, ma soprattutto perché i suoi frutti han costituito la base dell’alimentazione in tempi di scarsità di cereali. Molte famiglie possedevano, infatti, un piccolo castagneto che curavano con estrema cura perché da esso dipendeva la loro sopravvivenza durante il lungo inverno; e chi non ne possedeva spesso lavorava in quelli degli altri in cambio della terza parte del raccolto.
Se per quanto riguarda il passato, c’è chi ha parlato di una vera e propria Civiltà del Castagno, ancora oggi, la castagna occupa un posto importante fra i sapori del Distretto del Benessere, sia attraverso la riscoperta di ricette tradizionali che alla sperimentazione di nuove preparazioni.
La castagna? Molte varietà e molti usi
Famosa per la sue peculiari caratteristiche di dolcezza e grossezza, la castagna tipica di queste zone appenniniche si presenta in numerose varietà: dalla castagna selvatica detta Salvano alla Mascarino, alla Lòiola (utilizzata per le caldarroste, ma si mangia anche bollita dopo averla pelata), alla Pastanesa (caratterizzata da una leggera peluria e usata per la preparazione della farina) fino alla Sborgà. A queste varietà corrispondono diversi tipi di cottura o di lavorazione: le castagne possono essere bollite (balotti), arrostite sul fuoco in apposite padelle bucate (frugiate), ma soprattutto essiccate per ottenere la farina, con cui si cucinavano polenta, frittelle, torte (castagnaccio), ciacci e patolle (impasti di farina e acqua cotti in stampi di terracotta o ferro, detti testi).
 La raccolta e la lavorazione
Le castagne vengono raccolte ad un’altezza di 750-900 mt, dove crescono spontanee senza bisogno di concimi chimici o antiparassitari. La lavorazione, in molti casi, avviene ancora secondo il metodo tradizionale, che prevede in primavera la potatura delle piante (la “scamajadura”) per poi procedere a settembre con la “armondatura”, cioé la pulizia del terreno da erbe e arbusti per facilitare la raccolta dei frutti.
A ottobre inizia la raccolta. In passato, nel periodo di raccolta le scuole venivano addirittura chiuse per permettere ai ragazzi di aiutare la famiglia. Terminato il periodo della raccolta, le castagne destinate alla produzione di farina vengono portate agli essicatoi. Un tempo l’essicazione aveniva in appositi edifici detti “metati”, o localmente noti con il nome di “casoni”. Questo tipico modello di edilizia rurale montanara è stato oggetto di diversi progetti di recupero, promossi dal Parco del Corno alle Scale. È di forma generalmente quadrata, in pietra, e presenta sul retro una finestrella alta attraverso la quale le castagne venivano scaricate e ammucchiate su un graticcio di pali, posto al piano superiore. Altre finestrelle laterali permettevano lo sfogo dei fumi prodotti dal fuoco, rigorosamente di legno di castagno, che veniva acceso nel vano sottostante, sotto al graticcio.
Dopo circa venti giorni di essicazione, si procedeva alla “pistadura”, per ripulirle dal loro rivestimento. Venivano in seguito macinate con noce in pietra in un mulino, spesso azionato con energia idraulica, che le trasformava in farina.
Con la farina di castagne venivano cucinati piatti di diverso tipo, dal significativo apporto calorico: le patolle, un impasto molto consistente di farina e acqua (in alcuni casi con l’aggiunta di latte), che veniva avvolto in foglie di castagno e cotto in stampi di terracotta (tigelle o testi) scaldati nella brace del camino; le mistocchine, fatte con lo stesso impasto delle patolle ma cotte al forno; la polenta dolce, vera e propria polenta fatta con la farina di castagne, acqua e un pizzico di sale;la farinata, una crema fatta con il “mezzo vino” (ottenuto aggiungendo acqua alle vinacce) e la farina di castagne, cotta a fuoco lento sulla stufa a legna o nel camino; le frittelle, fatte con un impasto di farina di grano, farina di castagne, un pizzico di sale, un pizzico di bicarbonato e acqua; il castagnaccio, una vera e propria torta di farina di castagne, acqua, noci e uva passa cotta al forno; i ciacci, un impasto morbido di farina di castagne e acqua, cotto in stampi di ferro scaldati sulla stufa a legna, spesso condito con la ricotta.

Scoprire, anche a pochi passi dal sentiero, un cespuglio carico di more mature e fermarsi a cogliere quelle più grosse e scure… la raccolta di ciò che il bosco offre spontaneamente all’uomo è ricca di piaceri ed emozioni, proprio come una caccia al tesoro. I terreni su cui giocare questo antico gioco sono molti, così come molti sono i premi: sulle praterie del crinale, nel fitto sottobosco che attornia l’abetaia, fra le siepi e gli arbusti, oppure sui lati del sentiero, fra le foglie complici che li proteggono con la loro ombra fresca ed umida, si trovano fragoline, mirtilli, more, ma anche ribes e bacche di ginepro, lamponi e sambuco. Persino le amarene e le ciliegie!

La raccolta di questi frutti porta con sé il divertimento e la sorpresa, il gusto della scoperta degli angoli più segreti di un ambiente incontaminato in cui è possibile trovare un contatto confidenziale con una natura generosa. Senza dimenticare la ritualità della conservazione e della lavorazione casalinga, che trasforma la genuinità di queste delizie naturali in una varietà di sapori: marmellate e confetture, frutta sottospirito, distillati, liquori, grappe… Da generazioni, le attività di raccolta, pulitura e poi di lavorazione casalinga sono momenti che riuniscono le famiglie in momenti conviviali e collaborativi. Oggi queste operazioni, tradizionalmente affidate alla regia sapiente degli anziani, sono perlopiù passate alle aziende specializzate del territorio che, seguendo quegli stessi ritmi e modi, trasformano i tesori del bosco in squisite preparazioni gastronomiche. Per poter offrire i sapori del bosco anche alla gente di città!

Tanti frutti, tanti prodotti locali da gustare

Come interpretare al meglio il gusto asprigno e inconfondibile di mirtilli, lamponi, more e fragoline? E i profumi delicati delle altre bacche preziose che impreziosiscono rovi e cespugli?

Le confetture, ad esempio, prodotte con metodi naturali e senza aggiunta di conservanti o altre sostanze chimiche, esaltano squisitamente la fragranza della castagna, i sapori agresti del sambuco, della rosa canina, del prugnolo selvatico, ma anche gli aromi inconfondibili dei frutti di bosco, arricchiti dallo zucchero di canna. Altrettanto squisiti sono gli sciroppi, disponibili anche in una golosa macedonia di bosco. La conservazione “sotto spirito” conferisce a lamponi, mirtilli, more, ribes, così come ad amarene, ciliegie e persino caldarroste, un ruolo gastronomico particolare, ideale a fine pasto.

Senza dimenticare i distillati e i liquori di montagna. Le grappe vengono ottenute da tutti i tipi di frutti e bacche del bosco, ma anche da altre varietà erbacee e produzioni locali: la grappa alla rosa,alla ruta, al miele, alla genziana, alle erbe montane… Per finire con i liquori, fra i quali particolarmente apprezzati sono il Nocino e l’amaro di Genziana.

 

 

Dove acquistare

 

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